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Ricordando il Cardinale Renato Corti

Vicepresidente della Conferenza episcopale italiana dal 2005 al 2015, stimato predicatore, ha guidato nel 2005 gli esercizi spirituali alla Curia vaticana, gli ultimi con Giovanni Paolo II, mentre su invito di Papa Francesco ha scritto le meditazioni della Via Crucis al Colosseo del Venerdì Santo 2015. Uomo di profonda spiritualità, discepolo del cardinale Martini, di cui fu vicario generale a Milano e da cui fu ordinato vescovo nel 1981, scelse come motto episcopale quel “Cor ad cor loquitur” che il cardinale santo John Henry Newman aveva fatto apporre sul suo.

Originario di Galbiate, allora provincia di Como, oggi di Lecco, il cardinale Corti aveva iniziato il suo ministero sacerdotale per le mani di un futuro Papa, Giovanni Battista Montini, allora capo della Chiesa ambrosiana. Dal ’90 il trasferimento come vescovo a Novara, 21 anni durante i quali promuove tra l’altro la Causa di beatificazione di Antonio Rosmini.

Tra il 2005  e il 2015 ricopre la carica di vicepresidente della Cei, ma già nel 2011 aveva rinunciato, per raggiunti limiti di età, al governo pastorale di Novara. Dal febbraio 2012 aveva la sua dimora il santuario di Rho, presso gli Oblati dei Santi Carlo e Ambrogio, un cardinale “sagrestano”, che non disdegnava se necessario di preparare l’altare per la Messa nella cappella.

L’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, ha detto appresa la notizia della scomparsa del porporato di affidare “al Signore il suo lungo e fedele ministero”. Diceva il cardinale Corti ai nostri microfoni nel 2016 appena saputo della sua nomina cardinalizia: sono i martiri quelli a cui guardare “perché ci permettono di capire come sarebbe veramente vivere secondo il Vangelo".

                                                        (da Vatican news - Alessandro De Coralis, Città del Vaticano 12 maggio 2020)

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Card. Corti: "L'Arcivescovo Giovanni Colombo, uomo coraggioso"

"Ogni domenica

durante la Messa terminiamo

la nostra professione di fede con le parole: “Aspetto la risurrezione dei morti

e la vita deI mondo che verrà”.

Ci ricordiamo, dicendo così,

dei nostri morti e della vita

del mondo che verrà,

alla quale anche noi con loro

un giorno saremo associati.

E che cosa ci proponiamo di fare

per affrettare il loro ingresso

nella gioia del loro e nostro Signore?

Ci vengono in mente i molti sacrifici

che essi hanno saputo compiere

per noi, i doni che abbiamo ereditati

dopo la loro morte?

Cari e dolci morti,

che vedete e sapete tutto di noi,

le ansie e le speranze

della nostre famiglie,

aiutateci con il vostro invisibile

ma efficace affetto, fatevi sentire; desideriamo in qualche modo sentirvi.

E non dubitate che anche noi sapremo fare qualche cosa di bene per voi."

                                     

                                      Giovanni Colombo

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