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FEDE, IMPEGNO POLITICO E GIUSTIZIA
nel pensiero del Cardinale Giovanni Colombo

"Le cose si conoscono con l'analisi scientifica,

ma gli uomini si conoscono amandoli"!

Giovanni Colombo

In questa sezione si può trovare il pensiero del Cardinale Giovanni Colombo sul tema della politica e della giustizia. I tempi in cui fu arcivescovo furono terribilmente difficili. Di una difficoltà nuova, senza precedenti nella storia della Chiesa ambrosiana in particolare e della storia della Chiesa universale in generale. E non già perché egli ebbe a che fare con uomini "più cattivi" di quelli di un tempo. La natura dell'uomo è sempre la stessa. Ma vi era qualcosa di nuovo nella cultura, nella mentalità, nel senso comune con cui il Cardinale Colombo e tutta la cristianità doveva fare i conti. Una nuova idea di uomo, una nuova "antropologia", andava facendosi largo nella società civile. In queste riflessioni possiamo notare la missione del Cardinale verso la cosa pubblica e - come scrive il suo segretario particolare mons. Francantonio Bernasconi nella sua biografia dedicata a Colombo - che "chi si aspettava un vescovo semplicisticamente letterato, o poeta, si sbagliò di grosso, ed ebbe un vescovo concreto e realista"!

"Ci sono momenti, e il nostro è uno di questi, in cui la coscienza deve prepararsi a scegliere tra la resistenza o la resa. Non pochi, purtroppo, di fronte al vasto sormontare di una cultura negatrice dei valori trascendenti e il rapido avanzare di movimenti politici assertori del materialismo, hanno perso il coraggio di opporsi, e, rassegnati al peggio, si chiudono nel silenzio e nell'inerzia. La speranza cristiana respinge questo stato d'animo rinunciatario Il messaggio evangelico insegna che la lotta per la verità ha un valore per se stessa, prescindendo dai risultati; e addita l'esempio di Cristo che rese testimonianza alla verità, proprio nell'ora delle tenebre, quando trionfavano la menzogna e la violenza."

(Giovanni Colombo, Discorso per la solennità di sant'Ambrogio 1975)

Il Cardinale Giovanni Colombo consapevole di essere successore degli Apostoli, al momento opportuno seppe ripetere la loro stessa affermazione: "Noi non possiamo tacere!". Allo stesso modo egli si sentiva successore di sant'Ambrogio. E questo lo dimostrò soprattutto in quella serie, giustamente celebre, di discorsi al mondo politico, che egli pronunciò negli anni del suo episcopato a Milano nei Discorsi alla Città per la solennità del Patrono.

Non sorprende, allora, che egli si sia sempre mostrato tenace e sereno, nonostante che il suo episcopato milanese sia coinciso con grandi e complessi cambiamenti, che hanno interessato la Chiesa e la società.

Egli sentì sempre fortissima la responsabilità del suo episcopato perché in lui fu sempre profondissimo il senso del dovere, come risposta leale all'appello della coscienza. Non a caso scrisse nel suo testamento spirituale: "Rispettate la vostra coscienza e non traditela mai, perché viene poi il momento in cui bisognerà rendere conto di tutto".

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